Essere missionari oggi

di mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Vicenza – 7 ottobre 2006 (Vicenza, Cattedrale)

“Alcuni dubitavano”

Non sono bastate le numerose apparizioni di Gesù per 40 giorni, i segni che lui ha dato per convincere alcuni discepoli che era veramente risorto.
Malgrado questa debole fede ed incredulità, Gesù conferma il mandato missionario a tutti, Nessuno escluso.

Oggi le nostre comunità sono come quella degli undici: non mancano persone incredule o dubbiose. La fede resta una conquista incessante del diventare cristiani. L’annuncio del kerigma e la sequela di Cristo non cessano di costituire un obiettivo per la missione della Chiesa qui tra noi come nel mondo. Per questo parlare di missione oggi significa comprendere tutti nello stesso dono d’amore, che è rappresentato dal Vangelo accolto, e dalla fede in Cristo celebrata e Testimoniata ad ogni creatura.

Ma prima che i singoli, è decisivo guardare alla comunità missionaria, al nostro essere Chiesa, che annuncia Cristo vivendo la carità nel suo interno come fonte di amore verso tutti. La Chiesa è carità nel senso che accoglie l’amore di Dio rivelato e donato all’umanità intera in Cristo suo Figlio. Gesù è la carità di Dio, perché lui ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito affinchè chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

Il missionario, ogni battezzato dunque che usufruisce di questo amore, è inviato dalla Comunità nel mondo per evangelizzare, per donare a tutti l’amore che ha ricevuto, Cristo Signore. Quando diciamo “La carità è anima della missione” intendiamo sottolineare che al centro della missione c’è l’amore di Cristo donato, manifestato e testimoniato dalla Chiesa missionaria e da ogni cristiano che da essa è mandato.

Questa sottolineatura della comunità-carità, che trova in Cristo il suo cuore e nella vita ecclesiale l’ambiente dove realizzarsi, va sempre tenuta presente per non ridurre la missione ad un’opera generosa, ma solitaria, di qualche persona senza legami forti e stretti con la comunità che lo invia.

Ogni missionario è come se prestasse la sua voce, il suo cuore, le sue mani e piedi alla comunità per portare a tutti l’amore di Cristo e il Vangelo della carità vissuto nella Chiesa.

Questa sera sperimentiamo, con il mandato del Vescovo, questa realtà: la comunità invia i missionari e li sostiene con la preghiera e la forza dell’amore. Essi vanno a nome della comunità ma restano radicati in essa come tralci dell’unica vite, che è Cristo. Essi ci ricordano che la nostra comunità è missionaria, se vive la carità di Cristo, non chiudendosi dentro iniziative e rapporti limitati al proprio ambiente, ma aprendosi a tutta l’umanità. Di questo ogni fedele è responsabile in prima persona. I missionari, che operano in prima linea, ce lo ricordano e ce lo testimoniamo nelle loro chiese e comunità dove svolgono il loro impegnativo servizio.

Ecco perché è importante che lavoriamo sempre affinché ogni rapporto con i missionari, anche con un singolo missionario, si apra all’incontro e all’accoglienza della sua Chiesa dove opera, ed aiuti la nostra comunità a sviluppare un raccordo di interscambio di doni tra le due Chiese e comunità: quella di invio e quella di accoglienza. La missione diviene allora veicolo di crescita nella carità tra le Chiese e comunione che ne esprime l’unità.

Ne nascono alcune conseguenze concrete, che riguardano il nostro modo di promuovere e gestire l’impegno missionario.

Capita spesso che gruppi missionari e comunità promuovano un forte impegno per sostenere economicamente e dare risorse finanziarie per progetti sociali nei Paesi missionari o a singoli missionari. Questo è certamente positivo, perché l’annuncio del Vangelo deve essere accompagnato dalla concreta promozione umana e sociale delle popolazioni povere. Tuttavia, non dobbiamo mai dimenticare che il missionario è lì per annunziare Gesù Cristo e portare il dono della fede, che è l’atto di amore più grande di cui ogni uomo necessita. Inoltre, i missionari, in stretta collaborazione con la Chiesa locale, edificano le comunità loro affidate per poterle poi consegnare al clero autoctono affinchè ne diventi responsabile. Pertanto, l’aiuto per i seminari, per le iniziative ed opere di evangelizzazione, per la Chiesa locale è necessario e indispensabile come quello per costruire un pozzo o una scuola o un ambulatorio. Far crescere questa sensibilità missionaria piena nelle nostre comunità è compito di chi anima e coordina l’impegno missionario sia sul piano diocesano che locale.

Il coordinamento diocesano ha il compito di incoraggiare le molteplici attività ed iniziative verso i missionari o i Paesi poveri dove lavorano.
Ma è anche necessario promuovere un concreto coordinamento per non disperdere a pioggia gli interventi e fare in modo che i progetti siano convergenti o comunque orientali verso le zone o le realtà che più ne hanno bisogno.

L’Ufficio missionario ha anche questo fine e va considerato come uno strumento di comunione e di coordinamento per tutti coloro che in Diocesi si occupano generosamente di questo settore.

So che questo già avviene e chiedo che sia sempre tenuto in grande considerazione dai responsabili dei gruppi missionari parrocchiali o zonali e dai sacerdoti e religiosi impegnati a sostenere le missioni e i loro missionari.

Lo scambio di doni tra le Chiese. La missione non è a senso unico. Le nostre comunità possono ricevere tanto da quelle dei Paesi missionari. La loro fede e testimonianza, il loro entusiasmo e gioia di essere cristiane, il dono della comunione e della fraternità ecclesiale sono risorse importanti su cui rinnovare lo spirito missionario delle parrocchie verso i propri fedeli.

Abbiamo bisogno di imparare a diventare Chiesa missionaria qui, nel nostro Paese, guardando le Chiese sorelle dell’Africa e dell’America Latina o dell’Asia e riflettendo sulla organizzazione stessa delle missioni in cui tanti nostri sacerdoti, religiosi, religiose e laici operano insieme ai fedeli locali.

La carità si attua anche donando e accogliendo gli uni gli altri i doni e le risorse spirituali e pastorali di cui ogni Chiesa è ricca e fa esperienza.

Mi auguro che la nostra Diocesi, che tanto ha dato e tanto sta ancora donando in questo ambito missionario, sappia anche fare tesoro di questa ricca esperienza di amore rivitalizzando, nelle nostre comunità, nel presbiterio, tra i diaconi, i vari ministri, i laici e i religiosi e le religiose quella carità apostolica e pastorale, che da forza all’annuncio di Cristo e alla missionarietà nelle famiglie, negli ambienti di vita e di lavoro affinché tutta la nostra Chiesa diventi più missionaria ed ogni cristiano si senta impegnato a donare la fede e l’amore di Cristo a chiunque incontra sul suo cammino ogni giorno.

Il prossimo Convegno ecclesiale di Verona con il tema della testimonianza di Cristo ci spronerà a percorrere questa strada che ci avvicina all’esperienza delle missioni nel mondo.

Rendiamo grazie al Signore per tutto questo e guardiamo avanti con rinnovata speranza in lui che ci ha promesso: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. È questa la certezza che deve alimentare la nostra vocazione missionaria di battezzati e di comunità per irrobustire la fede, rendere ferma la speranza ed attuare la carità della missione, donando la nostra vita per il Vangelo. Maria Santissima, Regina del Rosario che oggi abbiamo ricordato, alimenti in noi la preghiera affinché, con la sua intercessione, realizziamo tutto questo nella nostra vita di ogni giorno, mostrando a tutti la gioia di essere cristiani e di vivere insieme come comunità la grande avventura della missione che Cristo ci ha comandato e di cui dobbiamo sentirci tutti partecipi e responsabili.