La carità nella Bibbia

di Eugenio Arnaldi, gennaio ’09

UNO SGUARDO SU DIO E IL SUO NOME NELLA MIA VITA

Desidero riprendere una riflessione per addentrarci ulteriormente nell’ambito biblico della carità e della missionarietà e per farlo mi pongo alcune domande guardo al Signore per fissare nel mio e vostro cuore il suo Nome, per me è la vita stessa. iprendo dalla Bibbia:

O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua (Sal 63); Signore, Tu mi scruti e mi conosci, Tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino quando riposo. Ti sono note tutte le mie vie … Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra … Sei Tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; Sono stupende le tue opere, Tu mi conosci fino in fondo. Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio; se li conto sono più della sabbia, se li credo finiti, con te sono ancora. Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri: vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita (Sal 139).

In una precedente occasione vi ho riportato il racconto di Martin Buber sull‘eclissi di Dio’, tuttavia desidero riproporlo perché è importante capire e da realmente il senso di come noi uomini sappiamo sporcare il Nome di Dio e di quali pretese abbiamo, nonostante quanto Egli abbia posto nei nostri cuori e che il più delle volte noi chiudiamo all’ascolto del bene che Dio ci suggerisce:

Dio’, è la parola più sovraccarica dell’umano linguaggio, nessuna è insudiciata, lacerata come questa, ma proprio per questo non devo e non posso rinunciare a questa parola. Da sempre, generazioni di uomini hanno scaricato il peso della loro vita su questa parola e l’hanno schiacciata al suolo. Ora giace nella polvere e porta il fardello d’ognuno. Dove troviamo una parola che gli assomigli, per indicare l’Altissimo? Se prendessi il concetto più puro e splendido dei tesori filosofici nascosti, mostrerei soltanto una pallida idea e non la presenza di Colui che generazioni di uomini, con la loro vita e morte, hanno onorato, lodato, amato, denigrato, odiato, rifiutato … Mai potremo lavare le macchie che hanno sporcato e insudiciato la parola Dio, e nemmeno possiamo lasciarla integra. Possiamo solo sollevarla da terra e, macchiata, lacera com’è, innalzarla sopra un’ora di grande dolore”.

Altro aiuto lo trovo in un discorso del Papa Benedetto XVI°, alla veglia con i giovani a Colonia il 20.08.2005 in occasione della giornata della gioventù, disse:

Quelli che sono rimasti a casa, non riteniamoli utopisti o sognatori, perché, sono persone che sanno che per cambiare il mondo bisogna disporre del potere. Per questo lo cercano nel palazzo del Re. Noi credenti preghiamo perché, si rechino alla grotta e s’inchinino davanti al bimbo di povera gente, auguriamo loro di scoprire che Erode, il Re dal quale si recano, in realtà insidia per paura di perdere il proprio potere, e alla Santa Famiglia ancor oggi non resta che fuggire in esilio. Prostrarsi e adorare è molto diverso che andare dal Re, si differenzia e così impariamo che Dio è diverso da come l’immaginiamo. L’inizio del cammino interiore comincia prostrandosi davanti a Gesù Bambino, comincia quando lo riconosciamo come il Re promesso. Alcuni, non hanno ancora raggiunto la capacità d’esternare la gioia per la sua venuta. Per esprimere la gioia, bisogna cambiare idea sul potere. Bisogna cambiare idea su Dio e soprattutto bisogna cambiarla sull’uomo. Oggi in molti non vediamo e non capiamo che il potere di Dio è diverso da quello umano. Il suo modo d’agire è diverso da come vorremmo imporlo noi, anche a Dio stesso. Egli, non si pone in concorrenza, non si contrappone all’umano potere, non vuol generare ulteriori divisioni. Il Figlio di Dio alla prepotenza dell’umano potere contrappone l’inerme logica dell’amore, che sulla Croce – e sull’intera storia umana – soccombe, tuttavia è l’unica via che da allora s’oppone all’ingiustizia e invita ad instaurare il suo Regno sulla terra. Dio è diverso, e possiamo riconoscerlo, ciò, significa che dobbiamo diventare diversi,

imparando lo stile di Dio.

Voi giovani siete qui per mettervi al servizio di Gesù, il nuovo Re, in cuore desiderate modellare l’umana regalità sulla Sua. Questo è il significato del gesto d’ossequio e d’adorazione. Nell’incontro fra i Magi e Gesù, c’erano anche dei doni, oro, incenso e mirra, offerti a un Re ritenuto divino. L’adorazione comporta il dono, riconoscerlo come Re al cui servizio ci si pone, seguendo la stella, come i santi saggi d’Oriente, servendolo nella giustizia e nella pace per il mondo. Impariamo che nulla si realizza per i comandi provenienti dall’alto di un trono, ma che è necessario donare noi stessi, perché, un dono minore a Gesù non basta. Impariamo che il modo d’essere di Dio è verità per gli uomini, e fra gli uomini deve diventare diritto, bontà, perdono e misericordia. Allora non ci chiederemo: Questo a che cosa serve? Ma: Con che cosa servo io la presenza di Dio nel mondo? Perdersi in Lui per ritrovarci, restando sulle orme del vero Re: Gesù.

L’incontro di stasera, sia per me e per voi, un momento in cui accettiamo di mettere in discussione l’umana presunzione di parlare di Colui che rimarrà sempre Altro. Dio non è una parola, Dio non è un’idea, ma, è Colui che scrive nelle nostre vite, diceva Madre Teresa di Calcutta: “sono una matita nelle mani di Dio”. La presenza di Dio nelle nostre vite è impegnativa, rischiosa, fastidiosa, a volte la evitiamo altre la cerchiamo, quanti timori e gioie.

Ma, Dio è una scommessa o una garanzia? Siamo tentati nel dire: non può essere ‘Dio’ uno tanto insudiciato, denigrato, macchiato dall’umanità, ma, attenzione, forse, solo noi siamo nel disagio, non Lui!

Se dovessi esprimere con un termine il Nome di Dio credo che “carità”, aiuti e faccia comprendere non il Suo mistero, ma, semplicemente come non devo parlare di Lui o forse attraverso la carità ne posso parlare un po’ meno male, o fare qualche accenno di come Lui sia misericordioso.

Propongo alcune immagini, tratte dalla Bibbia, chi mi ha preceduto nella fede, sapeva che non si poteva pronunciare invano questo nome ecco perché usavano il tetragramma JHWH, e, non si poteva fare immagine alcuna. Perché dico questo, perché sono convinto che oggi, molti credono di fare del bene, partendo dalla propria idea, sostengono di farlo in Nome di Dio, s’impegnano in progetti mondiali e locali, rischiano di fare la figura degli “utili idioti”.2.

Un Dio che si compiace di liberare chi è schiavo, di condurre a libertà

(vai a capire che cosa è schiavitù e che cosa è libertà)

Allora Mosè e i figli d’Israele intonarono questo canto al Signore, dissero:

«Canto al Signore, perché si è mostrato grande: cavallo e cavaliere ha gettato in mare. Mia forza e mio canto è il Signore: è la mia salvezza. Questo è il mio Dio, lo voglio onorare; il Dio di mio padre, lo voglio esaltare. Il Signore è un guerriero, si chiama “Signore – JHWH”. I carri del Faraone, con il suo esercito, ha gettato in mare; i suoi capi scelti sono stati inghiottiti nel Mar Rosso … La tua destra, Signore, è gloriosa e potente, la tua destra annienta il nemico. Con la grandezza della tua Maestà abbatti i tuoi avversari; scateni il tuo furore e li divori come paglia … (Es 15).

Ma quando Israele pensa di poter utilizzare tale forza si ritrova sconfitto, quando noi pensiamo di poter fare quanto solo Dio può, spesso, anzi sempre ci ritroviamo soli e sconfitti:

La parola di Samuele si rivolse a tutto Israele. In quei giorni i Filistei si radunarono per combattere contro Israele. Allora Israele scese in campo a dar battaglia ai Filistei. Essi si accamparono presso Eben-Ezer mentre i Filistei s’erano accampati in Afèk. I Filistei si schierarono per attaccare Israele e la battaglia divampò, ma Israele ebbe la peggio di fronte ai Filistei e caddero sul campo, delle loro schiere, circa quattromila uomini. Quando il popolo fu rientrato nell’accampamento, gli anziani d’Israele si chiesero: «Perché ci ha percossi oggi il Signore di fronte ai Filistei? Andiamo a prenderci l’arca del Signore a Silo, perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici». Il popolo mandò subito a Silo a prelevare l’arca del Dio degli eserciti che siede sui cherubini: c’erano con l’arca di Dio i due figli di Eli, Cofni e Pìncas. Non appena l’arca del Signore giunse all’accampamento, gli Israeliti elevarono un urlo così forte che ne tremò la terra. Anche i Filistei udirono l’eco di quell’urlo e dissero: «Che significa il risuonare di quest’urlo così forte nell’accampamento degli Ebrei?». Poi vennero a sapere che era arrivata nel loro campo l’arca del Signore. I Filistei ne ebbero timore e si dicevano: «È venuto il loro Dio nel loro campo!», ed esclamavano: «Guai a noi, perché non è stato così né ieri né prima. Guai a noi! Chi ci libererà dalle mani di queste divinità così potenti? Queste divinità hanno colpito con ogni piaga l’Egitto nel deserto. Risvegliate il coraggio e siate uomini, o Filistei, altrimenti sarete schiavi degli Ebrei, come essi sono stati vostri schiavi. Siate uomini dunque e combattete!». Quindi i Filistei attaccarono battaglia, Israele fu sconfitto e ciascuno fu costretto a fuggire nella sua tenda. La strage fu molto grande: dalla parte d’Israele caddero tremila fanti. In più l’arca di Dio fu presa e i due figli di Eli, Cofni e Pìncas, morirono. Uno della tribù di Beniamino fuggì dalle file e venne a Silo il giorno stesso, con le vesti stracciate e polvere sul capo. Mentre giungeva, ecco Eli stava sul sedile presso la porta e scrutava la strada di Mizpa, perché aveva il cuore in ansia per l’arca di Dio. Venne dunque l’uomo e diede l’annuncio in città e tutta la città alzò lamenti. Eli, sentendo il rumore delle grida, si chiese: «Che sarà questo grido di tumulto?». Intanto l’uomo si avanzò in gran fretta e narrò a Eli ogni cosa. Eli era vecchio di novantotto anni, aveva gli occhi rigidi e non poteva più vedere. Disse dunque quell’uomo a Eli: «Sono giunto dal campo. Sono fuggito oggi dalle schiere dei combattenti». Eli domandò: «Che è dunque accaduto, figlio mio?». Rispose il messaggero: «Israele è fuggito davanti ai Filistei e nel popolo v’è stata grande strage; inoltre i tuoi due figli Cofni e Pìncas sono morti e l’arca di Dio è stata presa!». Appena ebbe accennato all’arca di Dio, Eli cadde all’indietro dal sedile sul lato della porta, batté la nuca e morì, perché era vecchio e pesante. Egli aveva giudicato Israele per quarant’anni. La nuora di lui, moglie di Pìncas, incinta e prossima al parto, quando sentì la notizia che era stata presa l’arca di Dio e che erano morti il suocero e il marito, s’accosciò e partorì, colta dalle doglie. Mentre era sul punto di morire, le dicevano quelle che le stavano attorno: «Non temere, hai partorito un figlio». Ma essa non rispose e non ne fece caso. Ma chiamò il bambino Icabod, cioè: «Se n’è andata lungi da Israele la gloria!» riferendosi alla cattura dell’arca di Dio e al suocero e al marito. La donna disse: «Se n’è andata lungi da Israele la gloria», perché era stata presa l’arca di Dio (1 Sam 4).

Basta guardare all’esperienza di Giobbe:

Non ha forse un duro lavoro l’uomo sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? Come lo schiavo sospira l’ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, così a me son toccati mesi d’illusione e notti di dolore mi sono state assegnate. Se mi corico dico: «Quando mi alzerò?». Si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino all’alba. Ricoperta di vermi e croste è la mia carne, raggrinzita è la mia pelle e si disfà. I miei giorni sono stati più veloci d’una spola, sono finiti senza speranza. Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene. Non mi scorgerà più l’occhio di chi mi vede: i tuoi occhi saranno su di me e io più non sarò. Una nube svanisce e se ne va, così chi scende agl’inferi più non risale; non tornerà più nella sua casa, mai più lo rivedrà la sua dimora. Ma io non terrò chiusa la mia bocca, parlerò nell’angoscia del mio spirito, mi lamenterò nell’amarezza del mio cuore! Son io forse il mare oppure un mostro marino, perché tu mi metta accanto una guardia? Quando io dico: «Il mio giaciglio mi darà sollievo, il mio letto allevierà la mia sofferenza», tu allora mi spaventi con sogni e con fantasmi tu mi atterrisci. Preferirei essere soffocato, la morte piuttosto che questi miei dolori! Io mi disfaccio, non vivrò più a lungo. Lasciami, perché un soffio sono i miei giorni. Che è quest’uomo che tu nei fai tanto conto e a lui rivolgi la tua attenzione e lo scruti ogni mattina e ad ogni istante lo metti alla prova? Fino a quando da me non toglierai lo sguardo e non mi lascerai inghiottire la saliva? Se ho peccato, che cosa ti ho fatto, o custode dell’uomo? Perché m’hai preso a bersaglio e ti son diventato di peso? Perché non cancelli il mio peccato e non dimentichi la mia iniquità? Ben presto giacerò nella polvere, mi cercherai, ma più non sarò! (Gb 7).

Un Dio che conduce a libertà? Un Dio guerriero si, ma non uomo.

Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Ritornerà al paese d’Egitto, Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi. La spada farà strage nelle loro città, sterminerà i loro figli, demolirà le loro fortezze. Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto nessuno sa sollevare lo sguardo. Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Admà, ridurti allo stato di Zeboìm? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira. Seguiranno il Signore ed egli ruggirà come un leone: quando ruggirà, accorreranno i suoi figli dall’occidente, accorreranno come uccelli dall’Egitto, come colombe dall’Assiria e li farò abitare nelle loro case. Oracolo del Signore (Os 11).

Un Dio che ci conduce dalla schiavitù alla gratuità, nome autentico della libertà.

Metterete in pratica tutte le norme che oggi vi dò, perché viviate, vi moltiplichiate ed entriate in possesso della terra che il Signore ha promesso con giuramento ai vostri padri. Ricorda il cammino che ti ha fatto compiere il Signore tuo Dio in questi 40 anni nel deserto, per umiliarti, per provarti, per conoscere ciò che c’era nel tuo cuore, se tu avresti osservato o no i suoi precetti ….. Poiché il Signore tuo Dio sta per introdurti in una terra fertile, terra di torrenti e fonti d’acqua che scaturiscono dagli abissi nelle valli e nelle montagne, terra di frumento, orzo, viti, fichi e melograni, terra di oliveti e miele, terra dove non mangerai il pane con scarsità e dove non ti mancherà nulla, terra le cui pietre contengono ferro e dalle cui montagne estrarrai il rame. Mangerai, sarai sazio e benedirai il Signore tuo Dio per la terra fertile che ti ha donato. Guardati dal dimenticare il Signore tuo Dio, così da non osservare le leggi, le norme e i comandi che io oggi ti prescrivo. Quando mangerai e sarai sazio, quando costruirai belle case e vi abiterai, quando vedrai moltiplicarsi il tuo bestiame grosso e minuto, accrescersi il tuo argento e il tuo oro e moltiplicarsi tutti i tuoi beni, allora il tuo cuore non si inorgoglisca così da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione di schiavitù, che ti ha condotto attraverso questo deserto grande e terribile, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, luogo di sete e senz’acqua; che ha fatto scaturire per te acqua dalla roccia durissima; che ti ha dato da mangiare la manna nel deserto, che non conoscevano i tuoi padri, per umiliarti e per provarti e affinché, infine, tu fossi felice. Non dire nel tuo cuore: La mia forza e la robustezza della mia mano mi hanno procurato questo benessere. Ricordati invece del Signore tuo Dio, poiché lui ti ha dato la forza di procurarti questo benessere, per mantenere l’alleanza che ha giurato ai tuoi padri, come fa ancora oggi (Dt 8).

Un Dio che ci libera per costruire esperienze di liberazione e di gratuità.

Mosè salì verso Dio. Il Signore lo chiamò dalla montagna, dicendo: «Così parlerai alla casa di Giacobbe e annuncerai ai figli d’Israele: “Voi avete visto quello che ho fatto all’Egitto e come ho portato voi su ali di aquile e vi ho condotti fino a me. Ora, se ascoltate la mia voce e osservate la mia alleanza, sarete mia proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra. Voi sarete per me un regno di sacerdoti, una nazione santa”. Queste sono le cose che dirai ai figli d’Israele». Mosè andò a convocare gli anziani del popolo ed espose loro tutte quelle cose che il Signore gli aveva ordinato. Tutto il popolo rispose insieme dicendo: «Tutto quello che il Signore ha detto, noi lo faremo». Mosè riferì le parole del popolo al Signore (Es 19).

Un Dio che ci insegna ad amarlo e ci chiede di amare il prossimo perché ciò è amare il povero.

Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterete fino ai margini del campo, né raccoglierete ciò che resta da spigolare della messe; quanto alla tua vigna, non coglierai i racimoli e non raccoglierai gli acini caduti; li lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore, vostro Dio. Non ruberete né userete inganno o menzogna gli uni a danno degli altri. Non giurerete il falso servendovi del mio nome; perché profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; il salario del bracciante al tuo servizio non resti la notte presso di te fino al mattino dopo. Non disprezzerai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo Dio. Io sono il Signore. Non commetterete ingiustizia in giudizio; non tratterai con parzialità il povero, né userai preferenze verso il potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia. Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo né coopererai alla morte del tuo prossimo. Io sono il Signore. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d’un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore (Lv 19).

Un Dio che ci ricorda che siamo stati forestieri e c’invita a fare lo stesso con i forestieri presso di noi.

Osserva il giorno di sabato per santificarlo, come il Signore Dio tuo ti ha comandato. Sei giorni faticherai e farai ogni lavoro, ma il settimo giorno è il sabato per il Signore tuo Dio: non fare lavoro alcuno né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero, che sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato (Dt 5).

L’unica vera domanda: “DECIDETE OGGI CHI VOLETE SERVIRE” -

Un gruppo di persone che stava in mezzo al popolo cominciò a sentire un forte desiderio di cibo. Allora anche i figli d’Israele ripresero a lamentarsi e a dire: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci viene in mente il pesce che mangiavamo in Egitto per niente, i cocomeri, i meloni, la verdura, le cipolle e l’aglio; ora stiamo languendo: non c’è che manna davanti ai nostri occhi … (Nm 11); Temete dunque il Signore e servitelo con fedeltà e sincerità; eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito di là dal fiume e in Egitto e servite il Signore. Se poi vi sembra duro servire il Signore, sceglietevi oggi stesso chi volete servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito di là dal fiume, o gli dèi degli Amorrei nella cui terra voi abitate. Io e la mia famiglia, però, serviremo il Signore. Il popolo rispose e disse: «Lungi da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché il Signore è il nostro Dio, che ha fatto uscire noi e i nostri padri dalla terra d’Egitto, dalla condizione di schiavi … (Gs 24);

Israele sentiva il bisogno di pregare così:

Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano; dalla gola non emettono suoni. Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida. Israele confida nel Signore … (Sal 105).

Il Vangelo della Carità

Ovvero, Il volto del Dio che conduce alla vera, reale, totale libertà, che propone come liberante cammino l’entrare al suo servizio: decidete oggi chi volete servire o credere.

La Lettera ai Romani racconta la libertà di Dio in Gesù verso di noi:

Infatti, quando noi eravamo ancora senza forze, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, quando eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per mezzo del suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione” (Rm 5, 6-11).

Il Vangelo, è la buona notizia su Dio e quindi sulla nostra vita, per incontrarLo non è necessario uscire dalla propria vita, cercandolo nell’alto cieli, ma il Verbo si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi:

In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato (Gv 1-18);

Non in una purità rituale che non intacca il nostro peccare perché

Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo rese peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare, per mezzo di lui, giustizia di Dio” (2 Cor 5, 21).

Non è un Dio geloso del suo mistero ma ‘colui che è di natura divina non si considera un tesoro geloso ma spoglia se stesso assumendo la condizione di servo e diviene simile agli uomini:

Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana (Fil 2 1-7);

Dimostra la sua divinità non nel chiedere conto a tutti da giudice supremo ma nel farsi obbediente fino alla morte e alla morte di croce:

Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre (Fil 2, 8-10).

Anche nell’abbigliamento: deposte le vesti indossa un grembiule, un asciugatoio (sulla croce la tunica viene tirata a sorte), ed eccolo allora nello splendore delle sue insegne regali, autentico Maestro e Signore:

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi». Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato». Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Di’, chi è colui a cui si riferisce?». Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose allora Gesù: «È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò». E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto». Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte. Quand’egli fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 1-35).

Un Dio libero e servo!

Dalla Lettera agli Ebrei.

Nei giorni della vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a colui che poteva salvarlo dalla morte e fu esaudito per la sua obbediente sottomissione. Pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti quelli che gli prestano obbedienza … (Eb 5, 7-9); se questa è la casa dove abita il nostro Dio, dove dobbiamo noi andare a vedere (Gv 1)?

Quali le indicazioni del nostro “venirci incontro per vincere la solitudine radicale”, del nostro stare l’uno di fronte all’altro, indicazioni che ci vengono dal Vangelo di Gesù e che ci consentono di camminare nella direzione vera, magari a muso duro, verso Dio, veramente verso ogni uomo, dietro al Figlio suo?

Anche una vita di coppia, per quanto mi par di capire, è un percorso non verso un essere sempre più e sempre meglio adeguati l’uno all’altro, grazie anche e attraverso una distribuzione di compiti e responsabilità che riconoscono reciproci diritti e prerogative, ma è piuttosto un cammino verso un presentarsi ogni giorno sempre più spogli di fronte all’altro, spogli da ogni prerogativa e ogni diritto nel coraggio del non pretendere. E lì, dove si sperimenta la propria pochezza, debolezza più che la bravura grandezza ed efficienza, lì cresce l’amore vero, autentico, talmente umano da profumare di divino.

LA CARITA’ EVANGELICA, ossia il Vangelo di uomini e donne liberi per andare verso orizzonti altri, altre misure, per mettere radicalmente in discussione il mio buon senso, l’equilibrio trovato a misura delle mie paure e delle mie sicurezze ecc. (anche questa volta mi affido a espressioni, immagini, quasi slogan, da custodire dentro, perché mi corrodano un po’…):

Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata dei lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. … quello che è giusto ve lo darò. …. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro … Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. Ma il padrone … Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?” (Mt 20, 1 ss); “Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8, 9).

fra voi però non sia così” ne esplicita il senso durante l’ultima cena:

Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi. Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola … Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò. Sorse anche una discussione, chi di loro poteva essere considerato il più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo, e chi governa, come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve (Lc 22, 19ss); Ho speranza nel Signore Gesù di potervi presto inviare Timoteo, per essere anch’io confortato nel ricevere vostre notizie. Infatti, non ho nessuno che sia d’animo uguale a lui e che sappia occuparsi così di cuore delle cose che vi riguardano, perché tutti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo (Fil 2, 19ss).“fra noi chi?”: Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità! (Lc 13, 25ss); E Gesù disse loro: «In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Infatti è venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli (Mt 21, 31ss); Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente seduta con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?». Gesù rispose: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori affinché si convertano» (Lc 5, 29ss); Matteo: Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25, 37-40).

il più piccolo” (per criteri altri di dignità nelle relazioni – che poi sono scelte personali di vita).

Matteo:In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di lui, il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui (Mt 11, 11). Luca: Mentre diceva questo, una donna alzò la voce in mezzo alla folla e disse: «Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e che la custodiscono! (Lc 11, 27). Matteo: Gli dissero i discepoli: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca». (Mt 19, 10-12).

il “mio” prossimo o “io” prossimo.

Luca:… Egli però, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10, 29-37). (Comando simile a quello eucaristico); Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma egli rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio, il quale ha divorato i tuoi averi con le prostitute, è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (LC 15, 25-32).

io che faccio entro???

Credere a partire da chi? da che cosa?

Luca: – (la preghiera del ricco ad Abramo che tiene in braccio Lazzaro) E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i profeti: ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i profeti, neanche se uno sorgesse dai morti saranno persuasi» (Lc 16, 27-29).

Marco: E si scandalizzavano di lui. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità (Mc 6, 3-6).

la misura del perdono.

Matteo: Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello» (Mt 18, 21-35).

In questo caso il problema non è quante volte perdonare, perché non c’è proporzione nell’esempio o forse c’è della presunzione nella domanda …

Matteo: Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo! Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti (Mt 5, 21-45).

la misura della ricompensa”

Matteo: Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5, 46-48). Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli (Mt 6, 1).

Come l’elemosina, il digiuno e la preghiera – nessuna visibilità! E l’immagine dove la mettiamo?

criteri di efficienza”

Giovanni: Allora Simone Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?» (Gv 18, 10-11);

Luca: Mentre stavano compiendosi i giorni della sua assunzione dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio (Lc 9, 51-56);

Marco: Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni (Mc 1, 35-39).

Immagini di conclusione (per dare inizio a un nuovo modo di vedere, cercare, chiedere ecc):

Efesini: Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non proviene da voi, ma è dono di Dio; né proviene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto, affinché in esse noi potessimo camminare (Ef 2, 8-10).

E camminando da uomini e donne liberi sugli accidentati sentieri degli uomini si comincia a scoprire che quelle sono autenticamente le vie di Dio;

1 Corinti 13: Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e avessi ogni conoscenza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi amore, non sarei nulla. E se distribuissi in elemosina tutti i miei beni e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi amore, a nulla mi gioverebbe. L’amore ha un cuore grande, l’amore agisce con benevolenza; non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L’amore non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti noi conosciamo imperfettamente e imperfettamente profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato. Ora noi vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e l’amore. Ma di esse la più grande è l’amore! (1 Cor 13, 1-13).

Lo slogan conclusivo che esprime la divinità del cammino della carità: Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (1 Cor 13, 7). L’amore non avrà mai fine (1 Cor 13, 8).

E così nel peregrinare tra fallimenti e successi, limiti e risultati buoni, camminiamo non verso la morte ma verso il “per sempre”, per ciò che non avrà mai fine, perciò uomini e donne liberi camminano alla sequela del Vangelo della carità.

Conclusione

Guardo a ciò che suggerito la Parola di Dio, sulla carità, scopro che lo sguardo che volevo dare fin dal titolo ha risvegliato la nostra sensibilità, ma potrei dare anche altri titoli a questa riflessione come: 1)- volto di Dio nella carità; 2)- prossimi nella povertà; 3)- amanti di Dio e del prossimo; 4)- servitori della carità o al servizio della carità …Consapevole della dimensione credente che non privilegia gli aspetti missionari e caritativi, mi rendo conto di non poter mai dare un volto al Signore, sono cosciente che per quanto faccia sempre mi trovo di fronte un Dio che è Altro, e debbo ammettere che quando pretendo di farlo rovino ulteriormente l’immagine di Dio, lo deturpo con le mie umane limitatezze. Però sono altrettanto consapevole che devo anche decidere a chi affidare la mia vita e voglio stabilire dove collocare il mio cuore.Scegliere il Dio-Altro è veramente impegnativo, tuttavia, ciò mi fa riscoprire il mio stesso volto, anch’io insudicio e lacero il volto del Signore, anch’io deturpo la sua bellezza. Quale uomo da sempre, come tanti altri, come tutti gli altri, scarico su Dio pesi e preoccupazioni, desideri e peccati tanto che con il mio modo di fare contribuisco a schiacciarlo al suolo e Lui, pur nella polvere, umilmente s’accolla anche il mio fardello e silenziosamente lo porta, mai riuscirò a trovare un nome che esprima un concetto cosi Alto.Parlare ed ascoltare è una ricerca di Dio che pone in cammino e seguendolo sono certo che mi porterà a scoprire me stesso, imparò a capire e riconoscere le mie limitatezze, il senso della mia vita e pian piano scoprirò che se volessi dare un nome reale a Dio, questo sarebbe senza dubbio CARITÁ. Solo attraverso questo termine o concetto sussurro qualcosa di Dio. Solo attraverso l’imitazione del suo Amore mostro contro ogni logica o ragionevolezza umana che Egli volutamente si fa dono e servo per Amore. La Parola si schiude qualora m’avvicino e comincio faticosamente a cercare di metterla in pratica, infatti, ogni piccola comprensione schiude altre immagini di Dio che sono sempre uguali, sempre fedeli e l’uomo scopre che da sempre Dio si china sulle sua creatura.

Alcune volte l’incontro può essere duro, incomprensibile, altre volte s’attua nella sofferenza o delusione, però come posso comprendere quanto Dio suggerisce, o forse ho la pretesa di suggerirgli come avvicinarmi?

Nella Scrittura s’incontra anche un Dio esigente, ma in quante occasioni incontro il Padre che perdona e offre misericordia, fra l’altro dove trovo un Dio che accetta di farsi uomo per condividere la mia umana condizione e salvarmi?

Questo evento stravolge ogni schema d’umana sapienza e con la Sua venuta mi mostra le incongruenze e le inadeguatezze del mio umano modo di vivere. In tal modo m’invita ancor oggi a decidere chi voglio servire, Dio o mammona.

La venuta di Gesù capovolge radicalmente l’intuizione di cos’è Dio, la forma prima e più alta del primato di Dio impone a non guardare a se stessi per stabilire direzione o la meta e la misura del vivere, ma impone di guardare a come Dio guarda all’uomo a come Egli si china per sollevare l’uomo dalla polvere.

Non posso più guardare in me stesso per comprendermi o per capire la mia vocazione ma devo guardare a come Dio si rapporta con l’uomo solo allora potrò capire qual è la giusta direzione, qual è la mia vocazione, dov’è la mia meta.

Quanto detto significa che innanzitutto devo guardare a Gesù e solo successivamente potrò guardare a me stesso e agli altri.

Il Vangelo offre una moltitudine d’immagini a cui posso rifarmi per trovare conforto di fronte a qualunque difficoltà, di fronte a qualsiasi disagio, la nota finale bellissima è l’inno alla carità della prima lettera ai Corinzi capitolo 13: Un discepolo senza la carità è un nulla attraverso l’amore per il prossimo e con la carità in cuore è tutto in Lui.

Spero di non avervi tediato, ma sono convinto che focalizzare in modo corretto lo sguardo su Dio e sul suo Santo Nome sia un crescere non solo dal punto di vista spirituale ma sia un crescere umano e comunitario che ci vede impegnati per la Missione e la Carità, convinti che l’Amore (DIO) è l’unica cosa per cui vale la pena di spendere la propria vita donandosi interamente.

Grazie a tutti e buone riflessioni

Alcune frasi sulla Carità:

  • La carità comincia a casa propria, e la giustizia dalla porta accanto. (Charles Dickens)
  • Colui che aspetta di fare un grande atto di carità tutto in una volta non farà mai nulla. (Samuel Johnson)
  • Troppi hanno deciso di rinunciare alla generosità in modo da non mettere in pratica la carità. (Albert Camus)
  • La carità comincia a casa. (Terenzio)
  • Ritengo che la giustizia separata dalla carità sia quello che c’è di più orrendo al mondo. (François Muriac)
  • È la giustizia, non la carità, che manca nel mondo. (Mary Wollstonecraft)
  • Nelle cose necessarie, unità, in quelle piene di dubbio, libertà, e in tutte le cose, carità. (Richard Baxter)
  • La libertà, come la carità, deve cominciare a casa propria. (James Bryant Conant)
  • Il pettegolezzo in fondo è la base della carità. (Mario Soldati)
  • Bene per male è carità, male per bene è crudeltà. (detto)
  • La carità è il solo tesoro che si aumenta col dividerlo. (Cesare Cantù)
  • La vera generosità consiste nel combattere per distruggere le cause che alimentano la falsa carità. (Freire Paulo)