Il decalogo del missionario
di mons. Bruno Maggioni, biblista
- Il cristiano fa proprio l’ideale che ha unificato tutta la vita dell’apostolo Paolo: annunciare Gesù Cristo.
- Annuncia un Vangelo che aggrega. Ama la sua Chiesa ed invita uomini e donne a farne parte. Tuttavia non annuncia la sua Chiesa, ma il Signore Gesù.
- Porta un annuncio che salva. Sa che il bisogno più profondo dell’uomo è l’incontro con Dio e sa che Gesù Cristo è la piena risposta a questo bisogno.
- Si impegna per la liberazione di tutta la persona: dal peccato, dalla fame e dall’oppressione, e anche da quel troppo benessere, ingiusto e sciupone, che distrae da Dio e rende ciechi di fronte ai poveri.
- Vuole la salvezza vera. Non si accontenta di curare i sintomi, scende alle cause. Non si limita ad offrire aiuti che lasciano i poveri nella dipendenza, ma fa di tutto per renderli protagonisti. Ed è convinto che anche per questo è importante annunciare ai poveri la lieta notizia dell’amore di Dio che li aiuta a ritrovare la dignità.
- Vive l’universalità evangelica. E’ insofferente di ogni chiusura; ha il gusto dell’incontro con il lontano e il diverso. Sollecita la sua comunità a valutare i problemi e le decisioni nell’ottica universalistica. Suscita e collabora a tutte le iniziative volte ad intrecciare relazioni con le altre Chiese e con altri popoli.
- Solidarizza con le situazioni in cui vive e con le persone che gli sono accanto. Si preoccupa di tutti: come in casa è attento a tutta la famiglia, così in parrocchia, nella scuola, in fabbrica e in ogni altro ambiente nessuno gli è estraneo.
- Ricorda che Gesù ha privilegiato gli ultimi, mostra che la prima universalità è la solidarietà estrema con gli ultimi. In una società sovente indifferente si accorge subito degli ultimi, spesso nascosti.
- Poiché annuncia una verità che è scomoda, il cristiano missionario, che è uomo di pace, suscita reazioni e contrasti. Questo lo addolora, ma non lo ferma. Trova il coraggio, come Gesù nella comunione con il Padre e nella solidarietà dei fratelli e delle sorelle.
- E’ consapevole del dovere della coerenza, ma non ne ha l’angoscia. Non pone nella propria coerenza il diritto di annunciare il Vangelo, ma nella fedeltà del Signore che a questo lo chiama. Del resto, egli non parla di se stesso, ma solamente di quanto Dio ha fatto per tutti. E così può parlare anche se peccatore.
(da “La Voce dei Berici”, domenica 18 ottobre 1998)